Da tre anni a questa parte sono diventato allenatore.
È strano: prima di decidere che mi sarebbe piaciuto farlo, non avevo mai preso in considerazione questa opzione. Eppure la palestra è la mia vita, la mia vita davvero: se potessi, starei sempre dentro un campo. Adesso lavoro, studio e mi aggiorno ogni giorno per poter far sì che questo diventi davvero il mio futuro.
Non credevo che sarei stato in grado, lo ammetto. Così come ammetto di non essere - ancora :P - Velasco. Però, da quando ho iniziato, ho fatto progressi enormi sia nel modo di rapportarmi con le ragazzine, sia come pianificatore della crescita tecnica delle mie atlete. Il processo è ancora lungo, probabilmente sarà infinito, ma mi piace. E le cose che piacciono vengono sempre meglio delle altre.
Non ho abbandonato la strada dell’atleta, anzi. Contro il parere e la poca comprensione di tutti continuo ad allenarmi duramente per raggiungere il mio massimo. Le due strade vanno di pari passo, ecco.
Con il terzo sogno - quello di diventare giornalista sportivo - credo adesso di essere impegnato su tutti i campi in cui vorrei competere. Al momento, va bene così.
Da tre anni a questa parte sono diventato allenatore, ripeto. E l’idea di questa ennesima nuova rubrica nasce proprio da lì. Dalla passione, come sempre, e dal percepire questo mio spazio online come modo di condividere e migliorare.
Iniziamo, quindi, con l’#AngoloDellaTecnica.
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Quindi, il palleggio.
È la prima tecnica che deve essere insegnata a un ragazzo che si avvicina al nostro sport, e il perché è presto spiegato. Esso permette al giocatore di poter gestire le traiettorie di palla alte e “facili”: consente quindi al novello pallavolista di poter giocare fin da subito a qualcosa che assomiglia alla pallavolo. Nel palleggio, inoltre, è inserito tutto il mondo della pallavolo giocata: esso prevede sistemi di accelerazione e decelerazione, analisi della traiettoria dalla palla, sviluppo delle catene cinetiche di spinta, controllo del pallone, rapporto con un bersaglio… Insomma, tutto. Ecco perché, anche a livello metodologico, ha un senso porre la didattica del palleggio come primo punto focale di un percorso di crescita tecnica.
Ma… come si esegue?
Come tutte le tecniche, è raro che il palleggio venga eseguito senza che prima ci sia stato un movimento. Quindi per un palleggio ottimale è necessario instaurare il concetto di accelerazione e decelerazione: il giocatore parte da fermo, dà un impulso al suo corpo perché si muova verso la palla, decelera ed esegue il palleggio necessariamente da fermo.
FERMO -> MOVIMENTO -> FERMO -> ESECUZIONE
Raggiunto il punto dove si andrà a incontrare la palla, diventano fondamentali le mani. Esse devono essere protese verso l’alto (NON a braccia tese), aperte e a forma di palla. Gli indici di destra e sinistra, seguendo la linea degli avambracci, devono essere vicini, così come i pollici. I polsi dovranno essere in leggera flessione dorsale (che poi verrà accentuata nel momento in cui la palla entrerà nelle mani dell’atleta); i gomiti leggermente flessi; la schiena non inarcata; i piedi giustamente divaricati a garantire il massimo equilibrio; la gambe leggermente piegate.
Vi siete mai chiesi il ruolo di indici e pollici e il perché di questa innaturale posizione? Ecco, gli indici - se giustamente posizionati - impediscono alla palla di cadere oltre la tesa del giocatore; i pollici, invece, ne impediscono l’abbassamento al di sotto della fronte. Sì, l’ho dato per scontato e forse non avrei dovuto: la palla va impattata sopra la fronte (inizialmente, con una palla leggera, si chiede ai bambini di farla rimbalzare all’attaccatura dei capelli, per stabilizzare il rapporto tra il proprio corpo e l’attrezzo).
Una volta che le mani entrano in contatto con il pallone, bisogna sviluppare tutta la catena cinetica di spinta. Nella posizione precedentemente descritta, il corpo è come una molla caricata: adesso bisogna spingere. Con le ragazze mi piace parlare di trampolini. Il corpo umano ne è pieno: caviglie, ginocchia, gomiti, polsi, dita. E tutti sono implicati nella spinta. Così come la tavola asseconda per un secondo la discesa del tuffatore per poi garantirgli la spinta necessaria a eseguire tutte le difficoltà, nello stesso modo il nostro corpo asseconda la caduta della palla per poi spingerla velocemente verso l’alto. I polsi accentuano la flessione dorsale, i gomiti si piegano, le gambe si caricano e con una spinta simultanea si distendono braccia, polsi, gambe (e caviglie) fino a che le dita non interrompono il contatto con la palla.
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È importante sottolineare che il palleggio è una tecnica di precisione e che viene sempre eseguita in stretto rapporto con un bersaglio. È fondamentale dunque che il bersaglio sia inserito nel percorso didattico fin da subito. Per garantire poi che la palla vada all’obiettivo, sarà necessario che tutto il corpo (con le ragazze basta porre l’accento solo sulle punte dei piedi o sulle spalle) sia girato verso il punto di destinazione della palla.
Ecco, direi che come infarinatura ci siamo: la tecnica base è questa, gli esercizi invece sono infiniti, bisogna solo sbizzarrirsi. Ne troverete tanti cercando su Google.
Più avanti ci addentreremo nel palleggio d’alzata e nel ruolo del palleggiatore, sicuramente uno dei più difficili, ma anche uno dei più affascinanti della pallavolo.
Alla prossima!
Immagini tratte da GOOGLE IMMAGINI.
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